HEAD OVER HEELS : Head Over Heels

La gloria l’hanno lasciata agli altri! Il loro nome, Head Over Heels, compare tra le band di vario genere (proto-punk, funk, soul, rock), scelte nella pubblicazione di ‘Motor City Is Burning: A Michingan Anthology 1965-1972’ (box 3 cd, Grapefruit Records, 2025), a rappresentare il fluente sottobosco e diversificato di artisti “minori” della scena di Detroit. A me sconosciuti fino all’ascolto della suddetta uscita. Loro sono presenti con la traccia “Right Away”. Sono un power trio (hard rock blues) dal debutto omonimo (1971), ora direi sorprendente, perché tendenti ad un approccio più heavy, che merita di essere menzionato, ascoltato, ricercato ed analizzato, perché potente e fragile allo stesso tempo, e ricco di spazi dediti all’improvvisazione. Farei delle associazioni musicali con grandi nomi, come Grand Funk Railroad, Cactus e Taste. Dei tre elementi il più conosciuto fu Michael Urso (HUB), per la sua carriera come bassista dei Rare Earth, band a tema, “non minore”. Completavano il trio Paul Frank, chitarra e voce (Fresh Start, 1974, Bruzer con Vinny Appice, 1982) ed il batterista John Bredeau che, seppur suonando in altre realtà locali, non riuscirono mai ad evolvere in scenari più ampi. Ad arricchire il curriculum del bassista fu la sua isolata presenza in un’unica data della tournée di Frank Zappa and The Mothers Of Invention (Michingan State University, 23/11/1974), a sostituire Tom Fowler (dal braccio rotto). Perché un uomo così meticoloso come Zappa lo avrebbe richiamato agli ordini? Una foto lo ritrae in sessione con il gruppo con Frank sorridente che suona la sua chitarra su una carrozzina (episodio post al famoso incidente). Perché qualche anno prima gli Head Over Hells furono scelti da FZ per aprire le sue date (ben tredici) del tour nel periodo ’70-’71. Informazioni che solleticano curiosità. Ma veniamo alle tracce, rese migliori dal forte appeal dei componenti. Un respiro di sollievo e poi parte la diretta e senza preamboli, “Road Runner”, che mi riporta le immagini live dell’impeto Led Zeppelin. Canto sanguigno e simbiosi tra il vocalist e la sua dote esplorativa, di calarsi in vocalizzi strumentali, in un genuino scat jazz a riprodurre uno strumento aggiuntivo, quasi a voler silenziare il sottofondo hard rock. “Right Away” verrà coverizzata dagli Styx nel loro primo album (1972), senza però superarla qualitativamente, e “(That’s What I Like) In My Woman” (scritta dall’arrangiatore Matthew Moore) verrà ben coverizzata da Joe Cocker in ‘Jamaica Say You Will’ (1975). Dal canto loro nell’album si metteranno in luce per un’autentica esecuzione e reinterpretazione heavy della traccia di Willie Dixon “Red Rooster” (nella storia “Little Red Rooster”, verrà omaggiata da più musicisti, Grateful Dead, Stones, etc.). Loro la arricchiscono di parte strumentale con chitarra distorta, basso fulmineo e congas primordiali. L’immediata e semplice “Children Of The Mist” (roots rock, southern) fu scritta dal produttore dell’album Buzz Clifford, il resto delle canzoni fu opera di Paul Frank. Sensazionale “Question”, nonostante le armonie corali disassate. Groove da Cactus in “Tired And Blue / Land, Land”; la barra nel titolo è dissolvenza sonora, per chiudere e riaprire la narrazione su chiave blues. A sigillare l’album, i potentissimi sette minuti live di “Circles”, proto di qualcosa più monumentale: soffermatevi nella sua esplosione finale. E’ un diamante grezzo da avere.
P 1971 Capitol Records

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