SUEDE: Antidepressants
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13/09/2025Decimo album complessivo in carriera per i Suede, titolari di una delle reunion artisticamente più fruttuose di sempre nella storia del rock britannico. Pochissimi artisti possono vantare, infatti, un “secondo tempo” di carriera (anzi, considerato l’abbandono di Bernard Butler e l’ingresso di Richard Oakes una trentina di anni fa, potremmo dire quasi “terzo”), del livello di questi cinque (ormai non più) ragazzi londinesi. E così questo nuovo ‘Antidepressants’ è il seguito dell’acclamatissimo ‘Autofiction’ di tre anni fa, un disco che aveva portato Brett Anderson e soci ad abbracciare un’estetica punk (forse più nel significato complessivo che non nel sound, che comunque si è fatto molto più crudo e diretto); è prodotto di nuovo dal sodale Ed Buller, che ha plasmato il sound di questa band eccezionale già dai tempi del fortunatissimo esordio, e si è preso una pausa solo per il pur stupendo ‘The Blue Hour’ (del quale si occupò un altro grande nome come Alan Moulder), ed è inoltre la seconda pubblicazione del 2025 dei Suede, vista la raccolta di b-sides (con inedito, ovvero “Blinded”, che avrebbe dovuto chiudere la tracklist di ‘Autofiction’ prima di essere sostituita da “Turn Off Your Brain And Yell”), ‘Sci Fi-Lullabies Vol. 2’. Dopo aver scartato l’idea di un intero progetto che avrebbe dovuto essere la colonna sonora di un balletto, i Suede hanno sentito l’urgenza di tornare al formato rock band, iniziando quindi tutto da capo e scrivendo quello che è il secondo album di una trilogia da loro definita “in bianco e nero” che si completerà con un ultimo capitolo che vedrà la luce tra qualche anno prima della fine della decade. Se il precedente era stato definito il “disco punk” del quintetto, questo ne è l’evoluzione “post punk” e si accosta decisamente anche ad un’estatica inequivocabilmente gothic: oltre ai soliti ed imprescindibili numi tutelari The Smiths e Bowie, quindi, si affacciano qua e là fascinazioni affini a nomi come Cure, Siouxsie, Pil, Wire e The Fall. L’approccio è sempre prettamente chitarristico, mentre per la parte vocale Anderson si è ispirato anche a nomi contemporanei come Shame e Yard Act implementando lo spoken word in maniera più decisa, dopo averlo sperimentato in maniera brillante tre anni fa in quella meraviglia che rispondeva al nome di “Personality Disorder”. Andando nel dettaglio, aprono il disco due dei tre singoli estratti: “Disintegrate” è forse titolare del riff più aggressivo mai scritto da Oakes, e dopo un’apertura che intreccia spoken word ed un drumming poderoso di Simon Gilbert, si apre in un refrain più arioso dominato da un Anderson che declama liriche scure sull’invecchiamento e sul veder deperire il proprio corpo anno dopo anno. “Dancing With The Europeans” è più limpida ed urlata al cielo, ed intreccia britpop e cadenze bowiane in un ritornello davvero trionfale, prima della sparata post-punk della title track, già presentata dal vivo da diversi mesi e pubblicata dalla band ufficialmente in versione live come antipasto del nuovo lavoro. “Sweet Kid”, dedicata al figlio di Anderson, si accoda a “The Sound And The Summer” e “Broken Music For Broken People” come traccia più suediana del lavoro; parliamo dei Suede meno barocchi e più diretti di “Trash”, della quale specialmente quest’ultima si pone come erede diretta ed aggiornata, sia nel sound, sia nelle liriche che suonano come un abbraccio al proprio fedele pubblico. “Somewhere Between An Atom And A Star”, assieme alla barocchissima chiusura “Life Is Endless, Life Is A Moment”, è sopravvissuta alle prime session della suddetta colonna sonora e nel suo rimestare nel torbido del sound dei cinque non può non ricordare le meravigliose sovrastrutture dell’indimenticato ‘Dog Man Star’, mentre “Criminal Ways” (anch’essa pubblicata prima dell’uscita del disco, in questo caso in una raccolta allegata a MOJO qualche mese fa), riporta il timone verso lidi post punk, con un Oakes davvero in forma smagliante. Il già noto secondo singolo “Trance State” ammorbidisce i toni andando a lambire territori cari ai migliori New Order, mentre “June Rain” fonde al classico sound suediano un distillato di U2 altezza primi due dischi. Insomma, i Suede non accennano minimamente a mollare, e ci regalano l’ennesimo capitolo di una storia sempre più entusiasmante.
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